Funerale di Massimo Marchesini

Funerale di Massimo Marchesini
26 Marzo 2018 amministratore

Mentre Maurizio Marchesini, cercando di dominare la commozione, ricordava con affetto e tenerezza, anche a nome dei familiari, la figura del padre Massimo nella chiesa di S. Bartolomeo di Musiano che non riusciva a contenere i tanti che volevano per l’ultima volta salutare e ringraziare il fondatore e presidente onorario di Marchesini Group, il mio ricordo era nei tanti momenti che, come corrispondente del Carlino ma soprattutto come amico, ho trascorso nell’azienda leader del packaging.

Inaugurazione di stabilimenti, conquista di nuovi mercati, family day, manifestazioni sportive e benedizioni varie sono state oggetto di incontri e di articoli. Tuttavia quello che ho avuto nella mente in quel momento in cui un interminabile applauso è seguito alle parole di Maurizio Marchesini è stato quello che vide Massimo Marchesini riunirsi con i suoi primi collaboratori. Nella foto dell’incontro, attorno al sorridente imprenditore pianorese, c’erano Giuliano Grazia, Bruno Gnudi, Loris Rivola, Giordano Melloni e Giorgio Vegetti che, nonostante una vita trascorsa alla Marchesini, si poteva considerare una new-entry. Di quella giornata ricordo bene tutto: dal pranzo alle foto ed agli amarcord con cui avrei potuto scrivere un libro.
La prima macchina realizzata per saponette per i calli ( ne sfornava 50 al colpo), le prime vendite all’estero, la famiglia che cresceva, il successo del made in Bologna. Soprattutto erano tanti i ricordi di questi imprenditori che forse non si rendevano conto del ruolo ricoperto per la crescita del Paese. Il tempo era passato in un momento, il blocchetto era pieno di notizie, ma non volevo andarmene anche perché mi trovavo più o meno fra coetanei. Scrissi che il segreto del successo era nella affidabilità del prodotto, nell’assistenza capillare e nei conti in ordine, ma non rivelai che la vera ragione era soprattutto nel divertimento che traevano nel ideare e realizzare le loro “macchine” che altro non erano che i loro “sogni”!!

Paolo Brighenti

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